Intervista a Camilla Ugolini Mecca, autrice della silloge poetica “Tutto il resto mi sfugge”.
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27/06/2024 | Bookpress
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Camilla Ugolini Mecca (Verona, 1971) è laureata in Lettere Moderne e lavora come consulente, editor e formatrice. Pubblica il saggio “Ambigue stanze - Un itinerario nell'opera di Antonio Possenti” (Liberty House, 2003), il racconto “Il paradiso è un cul-de-sac” (2007) e i romanzi “Il destino dell'onda” (Il Falò Edizioni, 2021) e “Tu sorgerai di nuovo” (Fara Editore, 2022). Nel 2023 la sua prima silloge poetica, “Tutto il resto mi sfugge”, viene selezionata al concorso Faraexcelsior 2023 e poi pubblicata da Fara Editore.
«Ci presenti la tua prima raccolta poetica “Tutto il resto mi sfugge”?»
“Tutto il resto mi sfugge” originariamente non è stata pensata come raccolta, ma si è formata lentamente, poesia dopo poesia. Scrivendo i versi che compongono questa silloge, mi sono accorta che vi erano dei fili conduttori: l'amore, la natura, il silenzio... Ed è così che ho pensato di riunire tutte le poesie che avevo scritto in quel periodo della mia vita e di farne una raccolta.
«Dalla tua opera: “Io so che esiste il presente, tutto il resto mi sfugge. Felice ignoranza del futuro dove si spalanca l'oro di un luminoso anello, o di una spiga. Tu invece voli nell'altrove e lo tessi d'argento. Di luoghi e pensieri dove sogni d'approdare. Saprai imbarcarti, infine? Sfidare i venti, tendere vele e ali? Io so che esiste la mia parola. Nient'altro so”. Questa lirica contiene un verso che dà il titolo alla raccolta, e si suppone quindi che abbia un valore particolare per te: l'idea dell'essere presenti nel qui e ora è infatti uno dei leitmotiv della tua opera; vuoi parlarcene?»
Il presente è di fatto l'unica cosa che abbiamo. Cos'altro ci appartiene? Non sappiamo cosa avverrà l'attimo dopo, e il passato se n'è già andato per sempre, resta solo nei ricordi o nei sogni. Il più delle volte non realizziamo questa verità, ma quando ce ne rendiamo conto è una grazia assoluta, perché abbiamo l'opportunità di vivere pienamente ciò che si presenta davanti a noi. La poesia è proprio questo: un'esperienza completa di presenza. Se non si coglie subito, la parola poetica evapora e non tornerà mai più allo stesso modo. È come una rivelazione, come un animale che ci appare nel bosco per un istante, prima di scomparire. Il verso “Io so che esiste la mia parola. Nient'altro so” significa proprio questo: ho con me solo la mia parola poetica - che non è mia nel senso che mi appartiene, ma solo nel senso che mi attraversa. Essa è allo stesso tempo l'unico sapere e l'unico agire che si manifestano in questo esatto momento, e in nessun altro.
«La tua silloge poetica è composta di due sezioni, di cui la prima si intitola “Corpo Celeste”. Qual è il filo conduttore che lega le poesie appartenenti a questa serie?»
Indubbiamente il tema centrale di “Corpo celeste” è l'esperienza amorosa, l'incontro con questa dimensione. È una sorta di dialogo con un 'tu' specifico, che è l'oggetto d'amore. Si tratta per me di un'indagine su un tema universale, che però si declina soggettivamente attraverso la parola poetica. “Corpo celeste” è l'altro da sé nel suo mistero, nella sua grandezza e al contempo nella sua distanza: guardato, amato ma anche imprendibile.
«La seconda sezione si intitola invece “I Sogni di Clara Kutznetsova”. Sono qui contenute liriche particolari, più oniriche delle precedenti e che hanno dei legami profondi con gli arcani maggiori dei tarocchi. Chi è Clara? È forse un tuo alter ego? Quali sono i motivi che ti hanno spinta a ricorrere alla simbologia dei tarocchi?»
Clara Kutznetsova era inizialmente lo pseudonimo con cui firmavo alcune poesie. È un nome di cui mi piaceva il suono, e quindi ho deciso di tenerlo nel titolo della seconda serie della silloge. Ma Clara è anche il nome di un personaggio del mio primo romanzo, “Il destino dell'onda”. E quindi ho immaginato che i sogni fossero proprio i suoi.
I Tarocchi - in particolare quelli Marsigliesi - mi interessano da anni: li studio, cerco di comprenderli, sono mondi complessi e troppo spesso fraintesi, sono una fonte inesauribile di sapere. Quindi è stato naturale per me dedicare proprio ad essi alcune mie poesie. Ho immaginato che raccontassero una serie di sogni perché le immagini oniriche sono spesso stravaganti, misteriose, richiedono un'interpretazione. Proprio come i Tarocchi.
«Nella tua carriera letteraria troviamo un saggio, un racconto lungo e due romanzi. Perché hai poi deciso di dedicarti al genere della poesia? Quali opportunità pensi ti possa offrire?»
In realtà non c'è stata una volontà razionale di esplorare questo genere. Semplicemente la poesia è arrivata, inaspettatamente. È stata una sorpresa anche per me. Ho letto tanta poesia nella mia vita, soprattutto quando ero giovane. Ed è un genere che mi ha sempre ispirata moltissimo. Una forma di scrittura che da qualche parte di me si dev'essere depositata, per riaffiorare in seguito.
Penso che la poesia nella sua sintesi, nel suo essere spesso oracolare, si offra meravigliosamente ad attraversare temi che per gli esseri umani sono misteriosi e attraversano il tempo, come appunto l'amore, la morte, la relazione col divino. La poesia è veloce come un'apparizione e può essere perforante come una lama. E come la verità.
«Cosa significa per te scrivere e raccontare storie?»
Non saprei dire se scrivere abbia per me un significato preciso. La scrittura mi accompagna da almeno quarant'anni, in varie forme, e non mi ha mai lasciata. Non riesco a definirmi una scrittrice, è un termine troppo poderoso per me. Semplicemente vi sono delle suggestioni, dei temi che mi richiedono di essere scritti, e quindi seguo questo impulso. Posso dire che scrivere indubbiamente mi aiuta a comprendere dove sono io rispetto al mondo e a trovare quest'ultimo più luminoso. Sono una persona che tende a disperdersi, i miei pensieri sono spesso troppo veloci e prendono più direzioni contemporaneamente. Ricercare le parole per descrivere un evento o un sentimento mantiene ferma la mia coscienza su un frammento di realtà, mi richiede di essere proprio lì, vigile e presente a quella realtà, finché essa non si rivela.
«La tua precedente pubblicazione è il romanzo “Tu sorgerai di nuovo”, edito da Fara Editore nel 2022 e vincitore - ex aequo con Natascia Ancarani - del concorso Faraexcelsior 2022 e del primo premio per il romanzo storico alla XI edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana. Vuoi raccontarci in breve di cosa parla la tua opera?»
“Tu sorgerai di nuovo” è la storia romanzata della dea greca Demetra e del rapimento della sua amata figlia Kore. La vicenda è narrata in prima persona proprio da Demetra, da questa madre che prima perde la figlia e poi la ritrova, profondamente trasformata. È una storia di vita, morte e rinascita, come in fondo sono tutte le nostre vite. Ed è una storia sull'amore materno, sui pericoli di un'eccessiva vicinanza, sulla necessità di garantire libertà a coloro che amiamo, soprattutto ai figli. Devo dire che a distanza di anni sono ancora molto legata a questo romanzo, che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di approfondire il mito, per me fonte illimitata di comprensioni.
Contatti
https://www.instagram.com/camilla_ugolinimecca/
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Link di vendita online
https://www.faraeditore.it/Spiccioli-ruach/Tuttorestosfugge.html
https://www.ibs.it/tutto-resto-mi-sfugge-libro-camilla-ugolini-mecca/e/9788892930360?inventoryId=622473799&queryId=707cb7af89f262991756bb03b6c0af15
«Ci presenti la tua prima raccolta poetica “Tutto il resto mi sfugge”?»
“Tutto il resto mi sfugge” originariamente non è stata pensata come raccolta, ma si è formata lentamente, poesia dopo poesia. Scrivendo i versi che compongono questa silloge, mi sono accorta che vi erano dei fili conduttori: l'amore, la natura, il silenzio... Ed è così che ho pensato di riunire tutte le poesie che avevo scritto in quel periodo della mia vita e di farne una raccolta.
«Dalla tua opera: “Io so che esiste il presente, tutto il resto mi sfugge. Felice ignoranza del futuro dove si spalanca l'oro di un luminoso anello, o di una spiga. Tu invece voli nell'altrove e lo tessi d'argento. Di luoghi e pensieri dove sogni d'approdare. Saprai imbarcarti, infine? Sfidare i venti, tendere vele e ali? Io so che esiste la mia parola. Nient'altro so”. Questa lirica contiene un verso che dà il titolo alla raccolta, e si suppone quindi che abbia un valore particolare per te: l'idea dell'essere presenti nel qui e ora è infatti uno dei leitmotiv della tua opera; vuoi parlarcene?»
Il presente è di fatto l'unica cosa che abbiamo. Cos'altro ci appartiene? Non sappiamo cosa avverrà l'attimo dopo, e il passato se n'è già andato per sempre, resta solo nei ricordi o nei sogni. Il più delle volte non realizziamo questa verità, ma quando ce ne rendiamo conto è una grazia assoluta, perché abbiamo l'opportunità di vivere pienamente ciò che si presenta davanti a noi. La poesia è proprio questo: un'esperienza completa di presenza. Se non si coglie subito, la parola poetica evapora e non tornerà mai più allo stesso modo. È come una rivelazione, come un animale che ci appare nel bosco per un istante, prima di scomparire. Il verso “Io so che esiste la mia parola. Nient'altro so” significa proprio questo: ho con me solo la mia parola poetica - che non è mia nel senso che mi appartiene, ma solo nel senso che mi attraversa. Essa è allo stesso tempo l'unico sapere e l'unico agire che si manifestano in questo esatto momento, e in nessun altro.
«La tua silloge poetica è composta di due sezioni, di cui la prima si intitola “Corpo Celeste”. Qual è il filo conduttore che lega le poesie appartenenti a questa serie?»
Indubbiamente il tema centrale di “Corpo celeste” è l'esperienza amorosa, l'incontro con questa dimensione. È una sorta di dialogo con un 'tu' specifico, che è l'oggetto d'amore. Si tratta per me di un'indagine su un tema universale, che però si declina soggettivamente attraverso la parola poetica. “Corpo celeste” è l'altro da sé nel suo mistero, nella sua grandezza e al contempo nella sua distanza: guardato, amato ma anche imprendibile.
«La seconda sezione si intitola invece “I Sogni di Clara Kutznetsova”. Sono qui contenute liriche particolari, più oniriche delle precedenti e che hanno dei legami profondi con gli arcani maggiori dei tarocchi. Chi è Clara? È forse un tuo alter ego? Quali sono i motivi che ti hanno spinta a ricorrere alla simbologia dei tarocchi?»
Clara Kutznetsova era inizialmente lo pseudonimo con cui firmavo alcune poesie. È un nome di cui mi piaceva il suono, e quindi ho deciso di tenerlo nel titolo della seconda serie della silloge. Ma Clara è anche il nome di un personaggio del mio primo romanzo, “Il destino dell'onda”. E quindi ho immaginato che i sogni fossero proprio i suoi.
I Tarocchi - in particolare quelli Marsigliesi - mi interessano da anni: li studio, cerco di comprenderli, sono mondi complessi e troppo spesso fraintesi, sono una fonte inesauribile di sapere. Quindi è stato naturale per me dedicare proprio ad essi alcune mie poesie. Ho immaginato che raccontassero una serie di sogni perché le immagini oniriche sono spesso stravaganti, misteriose, richiedono un'interpretazione. Proprio come i Tarocchi.
«Nella tua carriera letteraria troviamo un saggio, un racconto lungo e due romanzi. Perché hai poi deciso di dedicarti al genere della poesia? Quali opportunità pensi ti possa offrire?»
In realtà non c'è stata una volontà razionale di esplorare questo genere. Semplicemente la poesia è arrivata, inaspettatamente. È stata una sorpresa anche per me. Ho letto tanta poesia nella mia vita, soprattutto quando ero giovane. Ed è un genere che mi ha sempre ispirata moltissimo. Una forma di scrittura che da qualche parte di me si dev'essere depositata, per riaffiorare in seguito.
Penso che la poesia nella sua sintesi, nel suo essere spesso oracolare, si offra meravigliosamente ad attraversare temi che per gli esseri umani sono misteriosi e attraversano il tempo, come appunto l'amore, la morte, la relazione col divino. La poesia è veloce come un'apparizione e può essere perforante come una lama. E come la verità.
«Cosa significa per te scrivere e raccontare storie?»
Non saprei dire se scrivere abbia per me un significato preciso. La scrittura mi accompagna da almeno quarant'anni, in varie forme, e non mi ha mai lasciata. Non riesco a definirmi una scrittrice, è un termine troppo poderoso per me. Semplicemente vi sono delle suggestioni, dei temi che mi richiedono di essere scritti, e quindi seguo questo impulso. Posso dire che scrivere indubbiamente mi aiuta a comprendere dove sono io rispetto al mondo e a trovare quest'ultimo più luminoso. Sono una persona che tende a disperdersi, i miei pensieri sono spesso troppo veloci e prendono più direzioni contemporaneamente. Ricercare le parole per descrivere un evento o un sentimento mantiene ferma la mia coscienza su un frammento di realtà, mi richiede di essere proprio lì, vigile e presente a quella realtà, finché essa non si rivela.
«La tua precedente pubblicazione è il romanzo “Tu sorgerai di nuovo”, edito da Fara Editore nel 2022 e vincitore - ex aequo con Natascia Ancarani - del concorso Faraexcelsior 2022 e del primo premio per il romanzo storico alla XI edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana. Vuoi raccontarci in breve di cosa parla la tua opera?»
“Tu sorgerai di nuovo” è la storia romanzata della dea greca Demetra e del rapimento della sua amata figlia Kore. La vicenda è narrata in prima persona proprio da Demetra, da questa madre che prima perde la figlia e poi la ritrova, profondamente trasformata. È una storia di vita, morte e rinascita, come in fondo sono tutte le nostre vite. Ed è una storia sull'amore materno, sui pericoli di un'eccessiva vicinanza, sulla necessità di garantire libertà a coloro che amiamo, soprattutto ai figli. Devo dire che a distanza di anni sono ancora molto legata a questo romanzo, che mi ha insegnato tanto e mi ha permesso di approfondire il mito, per me fonte illimitata di comprensioni.
Contatti
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Link di vendita online
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